ROMA: VISIONE CARNEVALESCA IN MUSICA
di Francesca Torelli

L'idea portante di questa registrazione è quella di proporre un ascolto musicale di brani legati a Roma e al suo carnevale nel tempo, non tanto con l'intento di fornirne una documentazione sonora, ma con quello di evocare lo spirito che anima il carnevale e i suoi contrastanti toni di festa riflessi nella musica.
Alcuni di questi brani sono stati composti proprio per il carnevale; di altri, invece, non conosciamo la destinazione, ma il testo o la musica suggeriscono che possano essere stati eseguiti in tempo di carnevale. Cosi, questo insieme è il nostro sogno di un carnevale musicale romano.
Storicamente il carnevale è sempre stato un periodo di temporaneo ribaltamento dei ruoli sociali di grande libertà di costumi. A Roma, come altrove, si alternavano fasi di libero sfogo delle pulsioni ad altre di tentavi di repressione da parte delle autorità; il carnevale prendeva una piega diversa da un papato all'altro, passando da momenti di grande licenziosità a severi divieti.
Il carnevale di Roma ha una storia millenaria e si è manifestato in varie forme: quello attuale, con i carri, le maschere e gli scherzi, a Roma iniziò già nel tardo quattrocento.
A quell'epoca, il carnevale di Roma seguiva la traccia lasciata dai fasti di quello fiorentino, voluto e realizzato da Lorenzo il Magnifico.
Anche a Roma si iniziò a far sfilare grandi carri accompagnati da maschere e da musica, così come oggi i carri carnevaleschi sono veicolo di satira politica o sociale, anche allora rappresentavano chi aveva potere o era nemico, da temere e deridere insieme.
A fine quattrocento sfilavano per esempio carri di mori e di turchi: in relazione a questi ultimi abbiamo scelto un brano "chi volessi turchi siamo" che presumibilmente accompagnava il passaggio di uno di questi carri.
Non c'erano però solo carri che mostravano personaggi negativi, ma anche allegorici e simbolici, che dovevano stupire per la loto grandiosità e bellezza. Sfilavano carri trionfali, che personificavano la fortuna, l'amore, bacco ecc.
Il brano "Son fortuna onnipotente" di Filippo de Lurano, musicista che lavorava a Roma nel primo cinquecento, sarà senz'altro stato eseguito come trionfo carnevalesco.
Musica all'aperto, dunque, tra sfilate e mascherate, con l'impiego di molti strumenti.
Questo è il versante più solenne e magniloquente del carnevale. Ce n'è un altro più privato che svolgeva all'interno dei palazzi nobili e dei cardinali. Le cronache contano infiniti ricevimenti carnevaleschi, dal quattrocento in poi, incui, durante e dopo cena, si suonava, cantava, ballava... Non c'è l'indicazione di quali brani venissero eseguiti, specialmente nei tempi più antichi, ma vengono descritti gli strumenti musicali, spesso un liuto solo, o un cembalo, o la voce accompagnata da uno o pochi strumenti. Così la nostra scelta di un repertorio ideale per quell'atmosfera si è orientata in parte tramite queste descrizioni. Un'altra parte dell'ispirazione è venuta dai soggetti, ad esempio: nel carnevale riccore nel tempo il personaggio di bacco, a partire dalla canzone di bacco di Lorenzo il Magnifico fino ai carri e trionfi di Bacco per tutto il '500 e '600. Così abbiamo inserito "Viva Bacco" del cinquecentesco Gastoldi, che mette l'esclamazione in bocca a un tedesco, presumibilmente prendendo in giro la nota macchietta del soldato Lanzichenecco eternamente ubbriaco, l'inneggiare ripetutamente al vino rientra nel voler richiamare tutto ciò che è liberatorio e appagante, tipico del carnevale.
Sul tema di Bacco abbiamo pensato di inserire anche una canzone di Angelo Branduardi, Il trionfo di Bacco e Arianno, composta appunto sul testo della canzone di Bacco di Lorenzo il Magnifico, uno dei primi canti carnascialeschi e senz'altro il più noto.
Questa canzone ben rappresenta uno degli aspetti del progetto della collana discografica Futuro Antico: accostare in musica l'antico al nuovo, pensando il risultato come un motivo di interesse nel nostro futuro.
I vari brani strumentali presenti in questa registrazione sono in gran parte di autori romani: di Girolamo Kapsberger, musicista di origine tedesca che visse quasi sempre a Roma, avevamo già registrato alcuni brani nei precedenti CD della collana qui presentiamo una corrente con un mix strumentale insolito caratterizzato dalla presenza del salterio e un canario per tiorba, facilmente assimilabile ad una danza vivace di carnevale.
Il compositore Diego Ortiz non era romano, ma a Roma pubblicò il volume dal quale sono tratte le due recercadas per viola da gamba qui registrate.
La passacaglia di Luigi Rossi, compositore che lavorava a Roma, può essere stata eseguita in uno dei momenti più intimistici di un ricevimento carnevalesco a palazzo, mentre La Chaconne des Arlequins di Lully, trasposta per tiorba a fine seicento da Robert De Visée, aggiunge alla tavolozza sonora del nostro carnevale immaginato i toni patetici della maschera di Arlecchino.
Fra gli altri brani, noterete il titolo particolare scaramella di Josquin Desprez, compositore franco-fiammingo che lavorò anche a Roma, Scaramella, sopravvissuto fino ad oggi come cognome, era nel Rinascimento il nome di un soldato "improbabile", un soldato da ridere: il personaggio ricorre in tanti brani dell'epoca, d'autore e anonimi, e potrebbe rientrare in quel filone musicale carnevalesco che prende in giro una determinato carattere popolare. Nel canto carnascialesco che appunto si fa beffa di una categoria di persone, spesso indentificata in un mestiere, rientrano i brano buon maestre rubechine e pan di miglio. Nel primo si scherza sulle musiciste suonatrici di Ribeca, nel secondo sui venditori di pane. In entrambi il testo è giocato su doppi sensi erotici, come in quasi tutti i canti di carnevale, anche nella sospetta "Formicula" che arrampica sulla gambetta della donzella decantata da Filippo azzaiolo nell'omonimo brano.
Infine, tutti i brani di questo carnevale romano in musica, anche quando non precisamente documentati come carnevaleschi, sono stati scelti per la capacità di rappresentare quell'aspetto del carnevale che è scherzo, presa in giro, filastrocca, non però greve, ma leggero e poetico.